Bicilindrico Malanca l'inizio

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Nell’ormai lontano Ottobre 1973 al salone di Parigi fra le poche vere novità Italiane si faceva notare la Malanca E2C.
Dichiarava 15,5 Cv a 8000 giri, accensione elettronica, cambio a 5 marce ed ammortizzatori Marzocchi.
Montava freni a tamburo Grimeca anteriore da 160 mm e posteriore da 140mm entrambi a comando meccanico.
Nella produzione di serie verranno sostituiti da un impianto Scarab / Mozzi Motors idraulico all’anteriore e meccanico al posteriore. L’anteriore alla possibilità di montare il classico disco affiancava l’opzione per un inedito tamburo idraulico Scarab da 160 mm. Il posteriore resta un 140 mm meccanico.
La linea ricordava vagamente la nuova generazione di Benelli - Guzzi, ma complessivamente risultava più piacevole e armonica nelle forme.
Il manubrio era rialzato, e la livrea era in questa fase di presentazione bicolore, verde oliva / oro.
In alcuni prototipi i  coperchi dei carter esterni  erano rifiniti parte in nero opaco alternato a intersezioni in metallo lucidato.
Curiosamente questa soluzione verrà riproposta quasi 10 anni dopo in sede di presentazione della GTI 125.
Prezzo: il prezzo allora previsto era di 520.000 lire iva inclusa.
Se ne prevedeva la produzione di serie da marzo 1974

 

Sopra una delle prime immagini pubblicitare della nuova 125 in fase di avanzato studio da parte della Malanca. In pratica lo stesso modello poi presentato a Parigi nell’Ottobre 73. Ancora con i freni Grimeca meccanici, la colorazione verde oliva/oro, diverse grafiche rispetto alla produzione definitiva, marmitte in stile Benelli poi sostituite nella produzione di serie. A sinistra la nuova moto al salone di Parigi del 1973, anche se non ancora nella sua forma definitiva

La fase di sviluppo è più avanzata il freno anteriore è già il Mozzi Motors a comando idraulico, le marmitte non hanno più la parte finale “in diagonale”. Inoltre i coperchi dei carter sono in parte verniciati in neroCuriosità : senza dubbio l’adozione del tamburo idraulico all’anteriore, oltre che ad una certa somiglianza con il bicilindrico Yamaha montato sull’Italjet. A differenza dei primi Italjet il bicilindrico Malanca vantava l’accensione elettronica già dalla sua nascita mentre il motore Yamaha abbandonò le puntine solo dalla versione 1976. Mancava però dell’ammisione lamellare e del miscelatore. 

Primo piano del motore, provvisori sono i manicotti del filtro del l’aria e tutto il relativo sistema di aspirazione, airbox ecc.
Le marmitte inoltre sono ancora in fase di evoluzione, mostrano il primo tipo di ghiera che collegherà i collettori di scarico alle marmitte e la tipica saldatura centrale sui lati superiore ed inferiore delle stesse  che caratterizzerà i silenziatori montati sulle versioni con i cilindri in ghisa.
I carter parzialmente bruniti non verranno poi riprodotti nella versione di serie,

Primo piano del serbatoio in una colorazione poi non riproposta in quelli che saranno i modelli di normale produzione. Anche le grafiche Malanca sono provvisorie.

Si notano i due rubinetti uno per lato per l'alimentazione dei carburatori. Nella produzione di serie ne sarà previsto solo uno.

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Ci si avvicina alla versione definitiva.
Si notano ancora i freni Grimeca che verranno sostituiti con i Mozzi Motors,
Ma a parte gli ammortizzatori posteriori e le fascette che collegano i collettori di scarico alle marmitte poi sostituiti con delle ghiere, per il resto la moto ha ormai raggiunto la versione definitiva.

Anche i supporti per il faro anteriore nella produzione di serie saranno diversi

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L’unica immagine di quella che doveva essere la sportiva forte di 18 CV come indicato sul retro del poster pubblicitario sopra pubblicato, su termiche in chisa “piccole”. La moto per prima mostrava il telaio colorato, e occorrerà attendere il 76 e la prima E2CS per vedere questa caratteristica nella produzione di serie. Come si nota monta quanto era inizialmente previsto per la versione sportiva  e cioè cerchi Borani Record, disco anteriore e manubrio basso. Non è dato sapere se il motore era quello appositamente modificato da Librenti da 18 Cv o l’ordinario bicilindrico da 15,5 CV. Il colore rosso anche se metallizzato (o meglio inchiostrato) verrà riproposto nel 75 con fregi grigio argento.

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(SOPRA) Scheda tecnica prototipi

Sopra sono evidenziate le caratteristiche tecniche dichiarate per i due modelli ormai molto vicini alla versione definitiva. Per il modello di colorazione rossa si evidenzia la scritta E2CS e si dichiarano 20 CV. Le caratteristiche tecniche sono però almeno in apparenza le stesse del mod. E2C che dichiara 15 CV. Anche verificando i carburatori non cambiano restano due 19.19 SHB.B.

Per arrivare a 20 CV occorrerà aspettare il 1976 con la versione con cilindri in lega e carburatori VHB F da 22.

 

Il Bicilindrico Malanca

Lo schema del motore realizzato per il prototipo presentato al Salone di Parigi nell’Ottobre del 73 sarà poi sottoposto negli anni ad un costante affinamento ed aggiornamento arrivando a montare nella prima parte degli anni ottanta anche il raffreddamento a liquido.
L’ultima versione dell’86 implementata con il miscelatore, l’ammissione lamellare e le valvole allo scarico era stata prevista per l’Ob One Terzo che sarebbe dovuto uscire tra la primavera 86 massimo fine 87. 
Ma le cose andarono diversamente e tutto si fermò in questo caso al prototipo.
Il  progetto del motore che poi andremo a dettagliare si rifà volutamente ad una concezione abbastanza tradizionale e collaudata. E ciò unitamente ad un sovradimensionamento delle componenti meccaniche era atto a garantirne solidità e affidabilità in fase di funzionamento. Oltre che fornire una sicura base per eventuali trasformazioni ed elaborazioni, alle quali il bicilindrico risponderà sempre con esiti positivi. E ciò troverà  confermanegli ottimi risultati ottenuti nei primi anni ottanta nelle competizioni TT4 per derivate di serie.
Dove le motorizzazioni Malanca otterranno sempre risultati di vertice.

Caratteristiche Tecniche

In questa prima versione che comunque manterrà anche nelle future evoluzioni la sua impostazione di base
si presenta come un bicilindrico parallelo a 2 tempi. Questo tipo di architettura garantisce un’ottima equilibratura delle masse in movimento con conseguente regolarità ciclica della coppia.
In questa prima versione il regime di potenza massima non molto elevato le misure “quadre” di alesaggio e corsa, la modesta velocità lineare del pistone (10,9 m/sec a 7600 giri) garantisco sollecitazioni meccaniche modeste in generale ed al gruppo albero-bielle e relativi organi in movimento in particolare. 

Garantendo quindi al motore un ciclo di funzionamento meccanicamente affidabile.
Come dalla migliore scuola duetempistica le camere di combustione di forma emisferica si caratterizzano per la 
rispettiva “area di Squish”, posta alla base della camera di scoppio e atta a garantire il giusto effetto di “turbolenza”
a tutto vantaggio di  una più uniforme combustione della miscela.

In questa prima versione i cilindri sono in ghisa, separati fra loro al centro in modo da evitare distorsioni e migliorarne il raffreddamento. La prima versione si caratterizzerà rispetto alle successive versioni dalla ridotta alettatura che poneva almeno a prima vista un qualche dubbio sulla capacità di dissipare il calore prodotto dal motore in funzionamento in condizioni particolarmente gravose. Devo però precisare che anche in questa prima conformazione il motore si dimostrò nell’uso su strada più che affidabile in tutti i suoi aspetti, raffreddamento compreso.
I cilindri erano dotati di n.4 travasi, caratteristica che al di la delle varie geometrie che caratterizzarono le successive fasi di sviluppo resterà immutata. Occorre però precisare che dal carter partono solo due condotti
che subiscono però in prossimità dei cilindri uno sdoppiamento. Questa impostazione caratterizzava allora 
la migliore produzione duetempistica e permetterva di ottenere ottime condizioni di “lavaggio” a tutti i regimi.
Di questa caratteristica trarranno migliori vantaggi le successive versioni con cilindri in lega e H2O.

Come era di consolidata tradizione del periodo, per fare un esempio le famose tricilindriche Kawasaki l’albero era scomponibile, successivamente assemblato a pressione e quindi sottoposto a equilibratura / centratura tramite le due contropunte.

L’albero è dotato di n.4 cuscinetti a sfera di buona sezione, due trovano posto nei semicarter mentre i rimanenti fanno ricorso ad un supporto centrale sul quale poggia un blocchetto metallico, ed il tutto è resto ermetico da due apposite guarnizioni. Questo aspetto è molto delicato infatti occorre evitare assolutamente alcun tipo di trafilaggio nelle camere di manovella.

Le bielle sono in un solo pezzo, con sezione a doppio T, lavorano su rullini ingabbiati, sia per l’asse di accoppiamento che per lo spinotto.  

I pistoni a due fasce sono realizzati dalla Asso in fusione di alluminio ad alta percentuale di silicio e si caratterizzano per il cielo piatto.

Al riguardo dei   carters è opportuno rilevare che la  loro conformazione presenta una chiusura alla base dei cilindri, in modo da ridurre lo spazio nocivo delle camere di manovella. Migliorando l’effetto pompaggio a tutto vantaggio della resa del motore. 
Questo aspetto sarà soggetto ad ulteriori modifiche e miglioramenti.

La potenza specifica della prima versione del bicilindrico vantava 120 Cv/litro, ponendosi ai vertici della categoria del periodo

La trasmissione primaria avviene mediante ingranaggi a denti elicoidiali, gli alberti del cambio ruotano rispettivamente su un cuscinetto a sfera ed uno ad aghi.

Esternamente il motore si presenta con i cilindri leggermente inclinati in avanti, curata la lavorazione dei carter il lega leggera e sottoposti a sabbiatura.

Lubrificazione al 5%, 

Per componente elettrica si rilevano l’accensione elettronica Dansi, l’impianto elettrico con componentistica Aprilia
 alimentato da volano magnete (6V - 40 W) e batteria (6V-9Ah). 

Carburatori : due dell’Orto SHB 19.19

Cambio: 5 rapporti, la prima in basso.